giovedì 11 settembre 2025


 Gabriel Garcìa Màrquez

L'autunno del patriarca

Il lavoro di cui offro un commento al lettore costituisce senz'altro una delle opere più "complesse" e "difficili" dell'intera produzione dell' Autore, o per il meno della parte che ho avuto modo di leggere e commentare finora anche negli articoli che precedono in questo blog.

La domanda essenziale di conoscenza da porsi per comprendere ed anche per svolgere analiticamente ciò che costituisce la "sostanza" dello scritto di cui parlo può trovare risposta ragionando su sei punti:

  1. la struttura fondamentale;
  2. i registri linguistici che vengono spesso modulati nel corso della narrazione;
  3. il messaggio che l'opera, voluto o non voluto dall' Autore trasmette al lettore;
  4. l'epopea universale dei popoli latino americani che viene raccontata analizzando le vicende di un unico personaggio, ossia un dittatore di un imprecisato distretto della Colombia;
  5. il racconto di un Paese, o per meglio dire di un Continente attraverso la descrizione del rapporto del Potere con chi detiene il potere.
  6. Universalità dei moventi ultimi che muovono i dittatori, i quali sono perfettamente coincidenti con i moventi che dirigono la vita dei comuni esseri umani.
Cominciamo con l'analizzare la struttura del discorso, la quale si compone di tre "narratori", ciascuno identificabile dall'uso dei tempi verbali: il primo che racconta sempre utilizzando il presente indicativo; il secondo ultilizzando l'imperfetto; il terzo utilizzando il futuro. Ciò che apparentemente avviene in maniera casuale è anche l'uso della prima della seconda e della terza persona singolare Perché mescolare i tempi verbali e i pronomi personali in questo modo come anche, bisogna dire, l'uso dei segni di punteggiatura, che non sempre ottemperano alle regole di ortografia? Probabilmente perché i tempi utilizzati sono funzionali a trasmettere al lettore lo stesso flusso interiore di pensiero dei personaggi secondo quel modello di stile inaugurato nei primi anni del '900 dall' inglese Virginia Woolf, e denominato "stream of consciousness", modello di scrittura di cui la scrittrice in parola è il primo esponente, pur essendo forse meno conosciuta dell'irlandese James Joyce, autore del celeberrimo "Ulysses", opera nella quale il meccanismo del "flusso di coscienza" raggiunge il massimo sviluppo dando luogo, a parere di chi scrive, ma soprattutto della più diffusa e accettata "critica letteraria" e quindi assolutamente "non solo di chi scrive", ad un'opera "universale". Sia quindi per quei tempi sia per i nostri, dato anche che ancora oggi esistono scrittori che ne fanno largo uso, tra i quali Màrquez spicca per originalità sebbene ve ne siano altri, come vedremo nei prossimi articoli.
Per continuare nell'analisi dei "registri linguistici" di volta in volta utilizzati dal narratore, bisogna innanzitutto porre mente al fatto che il tono del linguaggio muta in corrispondenza dei mutamenti che si verificano nella psiche dei personaggi, i quali il più delle volte vengono raccontati in terza persona; ma volte accade che un pensiero o una parola che si vorrebbe fosse detta dal narratore, viene lasciata invece alla libera iniziativa di uno dei personaggi, ciò peraltro "intenzionalmente", ossia per conferire vividezza alla narrazione attraverso le voci di persone che ovviamente non esistono ma che potrebbero esistere in quanto "verosimili", e che se davvero fossero reali probabilmente direbbero nelle stesse occasioni le stesse cose, sebbene probabilmente con parole differenti.
Quanto al terzo punto considerato, occorre interrogarsi sul tipo di messaggio che l'opera in parole riesce a trasmettere al lettore. Spesso dinanzi ad un'opera d'arte un'osservatore poco attento puntualizza la propria attenzione sul "messaggio" che un'opera, in questo caso di "letteratrua in prosa" dovrebbe comunicare in qualche modo. Forse l'interrogativo può essere opportuno nel lavoro di scrittura di cui ci occupiamo. Il messaggio è a mio avviso quello di tante opere a tematica "affine" all'opera in discorso, cioè l'essenza del "potere" come concetto e il modo di colui il quale ne è investito, di rapportarsi con l'esercizio del potere.
Il concetto di "potere" dà anche ragione del resto dell'opera, cioè costituisce il perno attorno cui si fissano le vicende umane, o per il meno le vicende del popolo sottomesso al potere, nei rapporti Popolo/Potere, secondo una serie di episodi che non possono, anche se soltanto di quando in quando, non essere crudi o peggio ancora "sanguinolenti". Ovviamente coloro i quali sottostanno all'esercizio del potere di un dittatore sudamericano sono tra coloro che, a in termini "caratteriali"nel senso di "caratteri popolari", sono portati per indole e per educazione, ad essere "proni" e del tutto "asserviti" al cospetto di chiunque rappresenti il potere costituito, il quale spesso è  detenuto da un "regime militare" e anche se si tratta non di una giunta militare, ma di un unico individuo, in tutto simile al "patriarca" di cui nel titolo dello scritto di Màrquez. Si giustificano in questo modo, agli occhi del narratore, che non dimentichiamolo, è uno dei padri del "realismo magico", corrente letteraria nata nella seconda metà del secolo scorso, i tanti eccessi cui l'esercizio del potere condanna chi lo esercita. Allora si verifica ad esempio la morte per squartamento di un malato di "mal sottile" che si permette di criticare l'autorità del "patriarca". Oppure l'assassinio di un generale infedele che viene letteralmente ucciso e servito cotto a puntino in occasione di un pranzo di gala. Tra gli episodi disdicevoli c'è anche l'uccisione in massa di un nugolo di bambini rimasti senza genitori che cercano di lasciare a nuoto e disperati, il luogo in cui si esercita l'autorità del dittatore.
Altri eccessi hanno invece un carattere indiscutibilmente "positivo", e penso all'iniziativa, sempre da parte del dittatore in questione, di santificare la propria madre mentre costei è ancora in "vita"; oppure la trovata, che richiama, mi permetterei di dire, anche "trascorsi italiani", di svellere tutti gli alberi delle regione per evitare che cresca il numero di suicidi per impiccagione.
Vediamo però se, come detto, le vicende che riguardano un singolo dittatore, non meglio specificato, e volutamente tenuto nell'ombra in quanto costiuisce un "simbolo", un qualcosa che interessa massimamente l'intero "subcontinente", dal Messico alla Patagonia, possano essere considerate rappresentative del rapporto del singolo individuo, per intenderci "l'uomo della strada", col potere. Vero è, come abbiamo detto, che in primo luogo le giunte militari al potere sono nei luoghi in discorso quasi un elemento del "paesaggio", tuttavia "non durano". Un governo imposto con la forza, come ad esempio il Cile di Pinochet, è per converso facilmente soggetto ad una forte instabilità, per sottrarsi alla quale alcuni dei Paesi sudamericani, come il poc'anzi citato Cile, ma anche se si vuole l'Argentina, invocano "aiuti per la stabilità" da parte degli Stati dell'America del Nord, due su tutti: USA e Canada. In altre parole affinché non vi siano ripetuti rivolgimenti politici che sostituiscono una ditttura ad un'altra senza che il popolo interessato ne benefici, si domanda da parte di alcuni governi una maggiore stabilità e governabilità, ovviamente al prezzo che i sistemi economici dei Paesi in questione rimangano, quale contropartita alla stabilità garantita da altri, soggiogati alle direttive imposte dai già citati Paesi del Nord. 
In chiusura a questa breve nota, occorre sviluppare il punto 6, cioè dare la prova che Màrquez è spesso un dichiarato "fatalista", come d'altra parte molti dei suoi connazionali. Come anticipato egli ritiene che le cause ultime dell'agire umano siano sempre le stesse, al di là del rango sociale. Le cause di cui parliamo vengono pian piano alla luce nel corso del romanzo secondo ben definiti episodi. In particolare il dittatore del romanzo, durante una notte insonne, incontra presso uno specchio d'acqua una donna che sta facendo un bagno. Abbacinato dalla nudità delle forme della donna in questione, il dittatore ne fa la propria concubina. Quest'ultima si dimostra così abile nel cornificare il "convivente" che diviene di fatto, e per un certo tempo grazie alla capacità di intessere "tresche di palazzo", la vera detentrice del potere. Ora: può un dittatore perdere la propria tempra morale a causa di una donna? Si, può, e la ragione è che potrebbe accadere a qualsiasi uomo, non necessariamente un dittatore.
Sempre in ottemperanza al proposito di sviluppare il punto sei della presente nota critica, va senz'altro citato l'episodio incui il dittatore incontra la Signora Morte, e le rimprovera di essere giunta presso di lui in un momento inaspettato. La Morte da parte Sua rintuzza le lamentele dell'uomo assicurandogli che l'ora è davvero giunta. Il dittatore "vita natural durante", scompare quindi dalla scene non in una congiura di palazzo o a causa delle malìe di una "poco di buono" ma molto "naturalmente", come sempre o quasi accade anche agli uomini e le donne comuni, "di vecchiaia".

Appendice
Per meglio chiarire al lettore, qualora ve ne fosse necessità seguono due note biografiche dei nominati scrittori Virginia Woolf e James Joyce.


Virginia Woolf
Scrittrice inglese (n. Londra 1882 - m. suicida nel fiume Ouse 1941). Prestigiosa rappresentante del Bloomsbury Group, fu scrittrice, saggista e critica di forte personalità, che emerse anche nel suo impegno libertario e a volte fuori dagli schemi a favore dei diritti civili e della parità tra i sessi. Tra le sue opere Mrs. Dalloway (1925; trad. it. 1946) eTo the lighthouse (1927; trad. it. 1934) sono forse i suoi capolavori.
Figlia del critico letterario sir Leslie Stephen e di Julia Prinsep Jackson, ricevette dai genitori un'ottima educazione umanistica. Quando era ancora adolescente il dover affrontare il dolore per la morte della madre scatenò in lei i primi disturbi psichici, che l'avrebbero accompagnata per tutta la vita fino alla sua tragica scomparsa. Sposò nel 1912 Leonard S. W., con il quale diresse una casa editrice londinese (The Hogarth Press). Nella loro abitazione, presso il British Museum, si riuniva il gruppo di intellettuali chiamato Bloomsbury group. I due primi romanzi, The voyage out (1915; trad. it. 1951) e Night and day (1919; trad. it. 1957), la mostrano già in possesso di raffinati mezzi espressivi, ma non si distaccano dalla tecnica narrativa tradizionale. Formatasi sotto il duplice influsso del razionalismo, grazie al padre che era studioso del Settecento, e dell'estetismo, la W. andò elaborando l'intenzione d'invertire il procedimento narrativo: non più personaggi fatti vivere attraverso azioni, ma effetto della realtà esteriore sulla coscienza e sullo spirito. Questo radicale mutamento apparve in forma sempre più chiara e dominante nelle opere narrative che seguirono: Jacob's room (1922; trad. it. 1950); Mrs. Dalloway  (1925); To the lighthouse (1927); Orlando (1928; trad. it. 1933); The waves (1931; trad. it. 1956); The years (1937; trad. it. 1955); Between the acts (1941; trad. it. 1979). Oltre a due biografie: Flush (1933; trad. it. 1934; biografia del cane di Elizabeth Barret Browning) e Roger Fry (1940), pubblicò raccolte di notevolissimi saggi critici: A room of one's own (1929); The common reader (due serie, rispettivamente 1925 e 1932). Postumi sono apparsi: una raccolta di novelle, A haunted house (1943; trad. it. 1950), che aggiunge inediti a una raccolta pubblicata prima dei romanzi col titolo Monday or Tuesday, e volumi di saggi vari, in parte critici; Death of the moth (1942), The moment (1947), The Captain's death bed (1950), tutti a cura del marito, che pubblicò anche estratti dai diari nel volume A writer's diary (1953). Autrice di opere che occupano un posto cospicuo nella narrativa sperimentale della prima metà del Novecento, la W. fu delicata indagatrice di moti dello spirito, ma con temperamento di fondo lirico; i suoi libri, scritti in bellissima prosa, tendono a formare un disegno musicale e i suoi squisiti personaggi femminili, per quanto sottilmente trasposti, sono quasi sempre autoritratti.

James Joyce
Scrittore irlandese (Dublino 1882 - Zurigo 1941). Tra i massimi autori del Novecento, dopo una prima fase in cui la sua scrittura evolve in stretta aderenza ai canoni espressivi tradizionali della prosa narrativa, animata - come magistralmente attesta la raccolta di racconti Dubliners (1914; trad. it. Gente di Dublino, 1933) - dai temi della stagnazione e dell'inettitudine umana al vivere, si allontana da ogni convenzione formale e logica con Ulysses (trad. it. 1960), il romanzo che forse più ha inciso sulla storia della letteratura europea contemporanea. Qui, lasciate liberamente fluire le costellazioni interiori del pensiero prima che esso si faccia parola - in ciò valendosi anche dei primi portati teorici della nascente psicanalisi - , J. rifonda il genere del romanzo facendovi assurgere a imprescindibile presenza l'individualità dell'orizzonte psichico umano colto all'interno della estraniante realtà del quotidiano; tale prospettiva troverà una sua quasi fisiologica estremizzazione in Finnegans wake (1939; trad. it. di Frammenti scelti nel 3º vol. di Tutte le opere di J. J., 1961; dei primi quattro capp., 1982), opera in cui echeggia, atomizzata, tutta la cultura occidentale, e che sfugge a ogni possibile classificazione critica.


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