Gabriel Garcìa Màrquez
Notizia di un sequestro
I romanzi di Màrquez che ho fin qui tentato di comprendere per il tramite dello strumento "analisi del testo", e peraltro per mero "diletto", non essendo lo scrivente né un "accademico", né un letterato né altro che un cultore di letteratura, senza che le mie preferenze siano dettate, in termini di opere di vòlta in vòlta considrate e analizzate, da altro che dal valore letterario di ciascuna opera, che anche un mezzo "orbo" a livello di critica, quale è lo scrivente, sia in grado di riconoscere in un testo scritto da altri; dicevo i poc' anzi accennati romanzi chiudono con quest'ultimo la serie di note critiche riguardanti lo stesso Autore. Detta serie ha avuto peraltro un'inizio qualche post più giù trattando dello scritto "L'Amore ai tempi del colera". La domanda che un lettore non estemporaneo potrebbe porsi e magari idealmente porre al redattore di queste note, cioè a me medesimo, sarebbe la ragione di queste ripetute sintesi "critiche". E la risposta non può essere che scrivere di un libro amato può dimostrarsi utile al fine di rendere più chiari e comprensibili innanzitutto al lettore/commentatore del suddetto romanzo e in secondo momento ai pochi lettori che potrebbero "incontrare" questa recensione o presenti su questo sito navigando in rete, le note "critiche" che pian piano si vengono qui accumulando. Ed anche e soprattutto perché ciò che vado commentando mi lasci un qualcosa, quale può essere il ricordo di una frase ad effetto piuttosto che una cironlocuzione, una figura retorica piuttosto che un falsh back cronologico, e tanto altro ancora.
Detto ciò quale premessa del presente scritto, e avendo, si spera, adeguatamente chiarito l'intento che mi muove nel proseguire nella scrittura di questa recensione, passerei senz'altro a commentare lo scritto di Màrquez.
Siamo nei primi anni '90, in Colombia. Il traffico della droga, che circola abbondantemente nel Paese, viene rigidamente tenuto in pugno da più organizzazioni paramilitari dette "cartelli", tra cui il più violento e potente è quello capeggiato da Pablo Escobar, un criminale di alta levatura che utilizza la droga e i sequestri, nonché i feroci attentati, individuali e collettivi, tutti involgenti persone in qualche modo vicine al regime militare che è in auge da un cinquantennio, che Escobar vuole trasformare attraverso i già detti mezzi, in una democrazia. In questi caratteri, mi si lasci dire, Escobar è molto vicino a personaggi che mi permetto di considerare della stessa "levatura" storica, e penso a Bolìvar, come a Castro o al Che Guevara. Escobar è simile ai personaggi elencati ma ha molte qualità che ai suddetti personaggi mancano. Escobar è un feroce assassinio, ma con metodo, paranoico e quindi non "fanatico"; calcolatore e quindi in grado di giudicare sé stesso in maniera da non cedere alle lusinghe del potere; spregiudicato ma solo quando ritiene di essere "alle strette" e cioè "privo di alternativa".
Con "volo pindarico" che non mi sento di omettere, il personaggio in questione potrebbe essere confrontato anche con il Pugacev di puskiniana memoria, però meno sanguinario e senza eccedere nei massacri di un potere assoluto, insomma capace di darsi una misura anche nell'esercitare la violenza "politica".
Ho citato Fidel Castro e Che Guevara altresì per accostare il modo di combattere in battaglia di questi personaggi, che è simile a quello di Escobar ma solo nei modi e non per lo "scenario di riferimento" che per i primi due è la periferia dei villaggi in cui proliferano pestilenza e povertà, mentre per Escobar è la vita delle grandi città della Colombia e non solo Bogotà ma anche Medellìn, e altre che Escobar elegge a terreno dello scontro attraverso l'uso di armi moderne in maniera moderna: viene alla mente ad esempio la pratica di "minare" interi edifici o piazzare tonnellate di tritolo sotto una strada di pubblico transito, come anche in Italia accadde e nella stessa epoca in cui il romanzo in parola è ambientato. Ovviamente il lettore ricorderà la truculenza delle morti di Falcone e Borsellino.
Ma quali sono davvero i motivi che portano Escobar a scegliere con ogni mezzo, persino rendendo lecita la circonvezione dei bambini, non diverso in questo dal vecchio Arafat, il capo ormai defunto dell'OLP, per raggiungere i propri scopi? Escobar vuole e fortemente "vuole" che il Governo militare che detiene il potere nel Paese venga sostituito da un Governo democratico; in secondo luogo che vengano aboliti i provvedimenti di estradizione nei confronti degli oppositori politici, cioè di espulsione dal territorio del Paese degli indesiderati, cioè di gente simile a Escobar, il quale beninteso non è divenuto un criminale politico per "scelta" ma per "necessità"; in terzo luogo Escobar invoca sulla base sempre, va detto, di atti di violenza su vittime spesso inermi, la adozione da parte del Governo di un provvedimento di "indulto" a favore dei reclusi maggiormente penalizzati e una maggiore umamità da parte dei loro carcerieri.
Propagandando con forza ed efficacia gli ideali per cui combatte, l'imprendibile Escobar, un po' come all'epoca, se mi è concesso dirlo, facevano anche le "nostre" BR, invia messaggi radio o televisivi o diffusi grazie alla stampa favorevole alle sue posizioni, e fa tutto ciò quando ritiene necessaria la fattibilità di una trattativa con lo Stato su un piede di parità. Gran parte del romanzo è incentrata proprio sul sequestro di gente vicina al potere, ossia la vita da reclusi di alcuni giornalisti fedeli alla dittatura che, nonostante "pene" indicibili e la morte di una componente del gruppo dei sequestrati, verranno alfine restituiti ai propri cari.
Quale fine possiamo immaginare a un romanzo come questo? Innanzitutto, e ciò si intuisce nelle ultime battute, Escobar ha così tanti lutti sulla coscienza che, lo sa benissimo, senza una trattativa nei confronti dello Stato, la sua vita, ancora a 41 anni, al culmine della virilità per qualsiasi uomo, sarebbe destinata a un lento e tortuoso decadimento e gli anni da vivere, rinserrato in un carcere di "massima sicurezza", rimarrebbero davvero "pochi". E allora una trattiva "personale" con il Governo, e a beneficio della pace nel Paese viene in primo tempo accettata dal Presidente in carica, ma poi più saggiamente affidata ad un uomo di Chiesa, il Reverendo e uomo di spettacolo, cioè "predicatore televisivo" molto noto nel Paese, conosciuto come Padre Herrero. La situazione infine trova così uno sbocco.
Un'ultima considerazione che conviene fare è relativa alla differenza tra le consuetudini amorose diffuse all'epoca in cui si svologono le vicende dell'opera in commento e quelle che erano in voga negli anni '30 del secolo scorso. Cito testualmente: "L'amore cominciava ad allontanarsi dai bolero, erano finite letterine profumate rimaste in voga per 4 secoli, le serenate col nodo in gola, i monogrammi sui fazzoletti, il linguaggio dei fiori, i cinema deserti nel primo pomeriggio; la gente era già stata "convertita" allo spregio della morte e alla follia per i Beatles."
Per concludere in sintesi, il romanzo si chiude con un lieto fine. I giornalisti sequestrati fanno ritorno tra i propri cari, Escobar si fa costruire dal Governo, ormai divenuto Governo democratico e non più militare, un carcere di lusso spendendo i denari guadagnati col narcotraffico, ma fugge anche da lì. Viene riacciuffato e mette la testa a "posto" persino lui. Tutto è bene ciò che finisce bene. Alla prossima!
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