martedì 9 settembre 2025

 Gabriel Garcìa Màrquez

Il generale nel suo labirinto

Motivo centrale dell'intera opera in commento è il racconto romanzato, quindi non una semplice cronaca ma piuttosto una biografia poetica, di un personaggio che a distanza di circa due secoli viene oggi unanimemente considerato un' Eroe latino americano, il quale  ottenne gloria e onore nel periodo delle lotte, da parte dei popoli del Sudamerica contro il dominio coloniale e lo sfruttamento degli autoctoni da parte degli europei e più di tutti degli odiati spagnoli; in definitiva per porre fine ad una odiosa e ingiusta dominazione. Il personaggio in questione è Simòn Bolìvar, da tutti ricordato, anche dalla storiografia ufficiale, come "El Libertador".

Per analizzare bene e proficuamente lo scritto in commento, senza però tediare il lettore, sarà opportuna una "breve" nota critica. Il testo in commento, intuitivamente, somiglia per alcuni tratti al romanzo psicologico, che mi pare ricorra spesso nelle opere di Màrquez, che lo scritto sia massimamente centrato sulla narrazione degli aspetti intimi, quelli per intenderci che non attengono alla storia ufficiale del personaggio né alle grandi imprese della gioventù di questi, ma che invece consentono di sondarne, sempre in una prospettiva intrinseca, l'atteggiamento spirituale che soggiace al quotidiano lottare contro sé stesso per non "morire" e per andare avanti, mentre l'età avanza. Ovviamente e come detto anche il contesto della narrazione non attiene alla gioventù del personaggio ma soltanto ai suoi ultimi anni di vita. Lo scenario ove si raccontano le minuzie della vita quotidiana dell'eroe è collocato nel periodo della sua vita, nel quale l'impero che egli aveva costruito iniziava a dare segni di cedimento, a sgretolarsi, senza che il suo fondatore, cioè il protagonista del romanzo, potesse di fatto evitare un tale esito, sia in ragione dei propri malanni fisici, sia in ragione della propria decadenza e debolezza morale, la quale più degli acciacchi dell'età, pian piano uccide, oltre che coloro i quali ne sono naturalmente colpiti, come accade a molti, soprattutto coloro che ne vengono distrutti sul piano di quella forza morale che si pone come "essenziale" onde perseguire i propri ideali, ideali ovviamente non comuni, cioè il tipo di ideali cui venga dedicata un' intera esistenza e necessariamente anche la propria morte, in quanto gli ideali di cui si parla possono realizzarsi soprattutto, se non soltanto, attraverso la guerra e le sue "conseguenze", cioè la miseria e la morte che la stessa guerra, per propria natura e anche se animata da una giusta causa, porta immancabilmente con sé. Abbiamo detto che l'eccezionalità dell'esistenza di Bolìvar, oltre che nell'attività e nelle vesti di condottiero e di uomo politco, è anche nella maniera di confrontarsi con l'imminente fine, presagita dai molti malanni fisici che lo affliggono, ma anche nel modo che il protagonista adotta per confrontarsi con essi mali lottando, e magari per riuscire nuovamente vittorioso, come nelle tante battaglie vinte sul campo, contro il lento decadimento della "energia virile" in un uomo che per gran parte della vita ha fatto dell'essere "capo", e quindi responsabile della vita e della morte di interi eserciti, il motivo di ogni propria decisione. Soprattutto Màrquez indaga quale possa essere un "certo" tipo di esistenza che, a parte la storia particolare del personaggio Bolìvar, che peraltro non viene quasi mai nominato nel romanzo col proprio nome di nascita ma solo come "il generale", ciò a dire di ciò che Màrquez non dice ma che è facile intuire, potrebbe in qualche modo essere considerata "molto" più umana e quindi "universale" di quanto non apppaia a chi voglia considerarla soltanto estrinsecamente, cioè dal punto di vista della "storiografia ufficiale". Dunque genere di esistenza, piuttosto che individualità irripetibile di una storia personale irripetibile, esistenza sulla quale pesano come macigni quelle stesse decisioni, che un qualsiasi generale è tenuto ad adottare, soprattutto nel corso di una guerra, e fino a quando la guerra prosegua nel tempo, ciò che richiede una saldezza di nervi ed una tempra caratteriale che inevitabilmente vengono meno con l'età. E' dunque per questo che il racconto di Màrquez ha ad oggetto la parte finale della vita del condottiero, ed è forse per idealizzare una serie di tratti che sono stati, nella storia militare come in quella universale, propri di tutti i grandi condottieri, e penso a Napoleone, cui peraltro nel romanzo viene a volte simpaticamente accostato il protagonista, da parte magari di qualche donna che lo conosce meglio di quanto lo conoscano coloro che lo circondano per "amicizia" ma anche per "dovere", cioè i più stretti compagni di battaglia. 

Per consentire al lettore un confronto tra la lettura del romanzo, e la storia ufficiale converrà, così mi pare, riportare una biografia essenziale sul personaggio in discussione. La breve nota biografica è tratta dall'Enciclopedia Treccani on line.

Sìmon Bolìvar

Patriota, liberatore dell'America spagnola (Caracas 1783 - San Pedro Alessandrino, Santa Marta, 1830). Terminò i suoi studî in Europa. Tornato in America, scoppiata nell'aprile 1810 la rivoluzione antispagnola, B. fu inviato dalla Giunta rivoluzionaria delegato a Londra, per ottenere la mediazione inglese. Fallita la missione, proclamato il Venezuela indipendente (5 luglio 1811), l'anno successivo, dopo la riconquista spagnola del paese, dovette rifugiarsi nella Nuova Granada e - a capo delle truppe di questa - invase il Venezuela liberandolo definitivamente dalla Spagna (1813). Dittatore (libertador) del Venezuela (1814), il suo potere subì frequenti eclissi: dinanzi alle forze del realista J. T. Boves dovette riparare nuovamente nella Nuova Granada, poi, per contrasti politici, in Giamaica e in Haiti. Tornato nel 1817, organizzò la repubblica venezuelana e, da allora, la sua azione fu un susseguirsi di successi: liberò la regione di Bogotá e coi territorî del Venezuela, della Nuova Granada e dell'Ecuador creò la repubblica della Grande Colombia, di cui fu nominato presidente (17 dic. 1819). Assicurata definitivamente l'indipendenza del Venezuela (vittoria di Carabobo, 21 giugno 1821), l'anno successivo cacciava gli Spagnoli dall'Ecuador, poi, in collaborazione con J. de San Martín, dal Perù e dall'Alto Perù, che, dichiaratosi il 6 ag. 1825 indipendente col nome di Repubblica Bolívar, poi mutato in quello di Bolivia, proclamò presidente il suo liberatore. Propostosi il disegno di una federazione del Perù, della Colombia e della Bolivia, incontrò aspre resistenze e, per un attentato (1828), fu costretto a fuggire da Bogotá; nel 1829 impose con le armi al Perù la frontiera, e il Venezuela si staccò dalla Colombia. Abbandonata allora ogni carica (20 gennaio 1830), passò a Cartagena; qui lo raggiunse la notizia di un moto a lui favorevole e del suo richiamo, ma sulla via del ritorno morì.


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